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Pecorino Siciliano Dop

Il Pecorino Siciliano è un formaggio di antichissima tradizione: le sue origini risalgono al periodo classico. Anche Plinio, che per la prima volta classificò i formaggi nazionali ed esteri, lo definì come uno dei migliori formaggi dell’epoca. Il Pecorino Siciliano è un formaggio a pasta dura, prodotto esclusivamente con latte di pecora intero, con o senza bacche di pepe, inserite nella pasta durante l’incanestratura.

Come si consuma: Consumato fresco o semi-stagionato è un ottimo formaggio da tavola, mentre, stagionato, si presta a essere impiegato come formaggio da grattugia, per condire primi piatti. Il suo sapore piccante lo rende ottimo anche come secondo piatto, accompagnato da olive, pane e da un vino che può essere un Doc siciliano rosso, un Chianti o un Marzemino.

Come si conserva: Deve essere conservato in un luogo fresco, oppure nel ripiano più basso del frigorifero a una temperatura ottimale di 4° C. Sempre avvolto nella carta di confezione o in carta d’alluminio, va riposto in contenitori di plastica o vetro con coperchio. Un consiglio per mantenere il prodotto asciutto: mettendo una o due zollette di zucchero nei contenitori è possibile assorbire l’umidità in eccesso.

Come si produce: Il Pecorino Siciliano è ottenuto da latte di pecora intero a cui viene aggiunto caglio filtrato. Alla cagliata, rotta in granuli della grandezza di lenticchie, viene aggiunta acqua, e il tutto viene portato poi da una temperatura iniziale di 80° C fino a una temperatura di 50° C per circa tre ore. Si avvia poi la salatura, che viene ripetuta per due volte a distanza di dieci giorni. La maggior parte del Pecorino Siciliano viene consumato o venduto fresco, ma la stagionatura, quando è prevista, deve protrarsi per almeno quattro mesi.

Fonte: www.naturalmenteitaliano.com

A salvare la provola ci pensa Tarassaco – FLORESTA (ME)

Riscoprire e valorizzare tutti i piatti e i prodotti tipici dei Nebrodi, curandone lo studio gastronomico a partire dalla loro preparazione, con particolare attenzione per i prodotti spontanei. Questo è quanto si propone l’associazione dei buongustai “Tarassaco”, nata due anni fa a Floresta su iniziativa di un gruppo di amici, amanti della buona tavola.

«La nostra è un’associazione senza scopi di lucro, che vuole far conoscere le tante pietanze tradizionali dei Nebrodi ripercorrendo la loro evoluzione fino ai giorni nostri – spiega il vicepresidente Calogero Aliquò.
– da anni un appuntamento fisso sono le ‘domeniche gastronomiche’ dove presentiamo un prodotto e i diversi modi di prepararlo».
E nella cucina dei Nebrodi, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta: dal castrato alla brace al capretto al forno, dai maccheroni fatti a mano ai salumi ottenuti con le carni del famoso Suino Nero.

Per non parlare dei prodotti caseari come la provola stagionata e la ricotta, prodotta ancora come ai tempi di Omero, utilizzando come innesto il lattice di fico. «Nella produzione di alcune provole, ad esempio – continua Aliquò – viene messo all’interno un limone verdello per dare il caratteristico profumo.

Provola dei Nebrodi

Molti prodotti poi, come il prosciutto di capra, sono di uso quasi personale e non si trovano in commercio». Accanto alla carne e ai formaggi l’associazione “Tarassaco” è impegnata a far conoscere anche le verdure e i prodotti della terra. In quest’ottica ogni primavera organizza “La giornata della cicoria”, durante la quale i partecipanti, che sono invitati a raccogliere da soli la verdura, apprendono i diversi modi di cucinarla seguendo antiche ricette.

SABRINA RICCIARDO

Centonove 18 Febbraio 2005

Il Sapore dei Pascoli

Il formaggio oggi fa tendenza. L’aver assaggiato il marchigiano Ambra di Talamello o il campano Caciocavallo Podolico o il Ragusano, diventa quasi uno status symbol culturale o, se vogliamo stare coi piedi per terra, semplicemente dimostra una conoscenza gastronomica di non trascurabile consistenza.

Insomma, un biglietto da visita pari a quello di un esperto di musica classica o di teatro greco o di letteratura gialla o di quant’altro vi passa per la mente.

Dissertare della suadenza di un lombardo Bagoss, della lunghezza aromatica di un Fiore Sardo, dell’erborinatura di un Gorgonzola piccante e paragonarli, tutti insieme, ad un Abondance francese, ad un Queso Manchego spagnolo, ad uno Stilton inglese, fa di una persona un personaggio, pur nel piccolo della sua cerchia di amici e conoscenti. Ma tant’è, la ricerca del proprio io passa anche attraverso questi sentieri.

E a noi, cultori della cultura materiale e popolare, questo aspetto non ci dispiace affatto. Se siamo intelligenti, non ci resta che fare un po’ di autoironia e continuare a sbocconcellare il nostro formaggio, abbinandolo ad un vino di razza e all’altezza dell’incontro.

Popolare, in un formaggio, può significare all’inizio la sua tecnologia di produzione, condotta con mezzi essenziali e spesso di fortuna, se pensate ai caci di monte. Per il degustatore, popolare può significare l’odore dei formaggi, anzi la complessa evoluzione olfattiva della sua maturazione.

Si tratta di percezioni intriganti, lattee e burrose nel prodotto fresco, grasse e pungenti nel prodotto stagionato. Ma non solo. Le sensazioni olfattive ci riconducono al territorio, nel caso in cui il latte di partenza è crudo, non pastorizzato.

Pensate alle percezioni di muffa, di terra bagnata, di sottobosco fradicio, che accompagnano il profilo sensoriale di molti formaggi delle Alpi, ovvero del Nord Italia, e raffrontateli con i profumi di erbe aromatiche secche, di pepe e di cappero, di salino e di mandorla dei prodotti caseari del Sud e delle isole.

E poi le paste così diverse: crude al Nord, cotte e filate al Sud. Ce n’è da scrivere un trattato. Soffermiamoci – in primo luogo – sul “Ragusano”, questo splendido formaggio prodotto sui monti Iblei con latte di razza Modicana: i profumi del pascolo te li ritrovi tutti, provenienti dalle specie foraggere aromatiche, tra le quali in prevalenza il timo selvatico.

A Vinoro i sapori dei presìdi Slow della Sicilia

I formaggi siciliani dei presìdi Slow Food, i vini Porto, Madeira, Marsala e i Passiti, la pasticceria secca siciliana abbinata alle etichette (oltre 300) presenti a Vinoro : tutto questo ai Laboratori del Gusto in programma al Salone dei Vini Dolci, Passiti e Liquorosi di Marsala (14-16 novembre), a cura di Slow Food, ogni giorno alle ore 19 negli spazi di Villa Favorita.

Più in dettaglio venerdì 14 saranno protagonisti la Vastedda del Belice, i Caciocavallo palermitano e ragusano, la Provola delle Madonie e la Provola dei Nebrodi nel laboratorio Slow Food dal titolo « Presidi Caseari siciliani e vini da meditazione : incontro o scontro ? »

Sabato 15 con « I vini della fascia del solo » l’attenzione è concentrata sul Marsala, il Porto e il Madeira in abbinamento alla pasticceria secca siciliana. Domenica 16 il programma si conclude con il laboratorio « I dolci conventuali siciliani » in un escursus di sapori accompagnato dai Passiti e i migliori Marsala. L’ingresso al Salone è di 5 € (con consegna di calice per le degustazioni). Per i laboratori del Gusto il biglietto è di 10 €, di 8 € per gli associati Slow Food.

Promozione dei prodotti tipici in INDIA

I prodotti tipici iblei e siciliani protagonisti in India nell’ambito di un’attività promozionale e culturale promossa dalla Regione ed in particolar modo dall’ Assessorato all’agricoltura retto dall’on. Innocenzo Leontini. A coordinare l’iniziativa sara’ il Corfilac, la struttura ragusana che si occupa della ricerca scientifica sulla filiera lattiero casearia.

«L’intento e’ di portare avanti una politica di promozione, valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agro alimentari dell’intera Sicilia in India spiegano i vertici del Corfilac.

Si tratta di un Paese che sta mostrando grande interesse ed apertura verso i prodotti di qualita’ agroalimentari siciliani ed in primis i formaggi storici siciliani che fanno della Sicilia una vetrina importante del bacino del Mediterraneo, con prodotti unici e fortemente legati al territorio di produzione.

Sono inoltre previsti incontro con il Ministro dell’agricoltura dell’India, Sharad Pawar che crede molto nella valenza di questo evento e ai possibili rapporti internazionali che potrebbero instaurarsi tra la Sicilia e l’India».

La delegazione siciliana sara’ accolta anche dal membro del Parlamento indiano, Suresh Kalmadi. Verranno organizzate delle serate in cui si avra’ I’opportunita’ di incontrare buyers ed operatori del settore per far conoscere le rarità casearie siciliane in abbinamento ad altre specialità agroalimentari siciliane.

Naturalmente sarà protagonista il Corfilac che provvederà ad allestire uno spazio espositivo con tutti i prodotti siciliani. Sempre il consorzio provvederà a realizzare dei laboratori dedicati al gusto presentando nel contempo la propria attività di natura scientifica presso I’Università di Baramati e di Rahuri con cui saranno awiati dei protocolli di ricerca bilaterali.

Anche I’on. Innocenzo Leontini saluta favorevolmente l’iniziativa: cè un’iniziativa molto interessante che servirà ad aprire nuove possibilità di scambi commerciali per i nostri prodotti tipici che diventano vessillo di un territorio.

E’ certamente importante poter realizzare questa missione che trova nel Corfilac una struttura di grande qualità e professionalità. In India ci stiamo attivando per vari incontri di carattere istituzionale che serviranno ad approfondire le conoscenze anche di carattere legislativo per poter portare i nostri prodotti verso nuovi confini».

Il programma di visita della delegazione iblea e siciliana e’ particolarmente fitto e comprende numerose attività di carattere istituzionale oltre che momenti prettamente commerciali e di presentazione delle varie produzioni.

MICHELE BARBAGALLO

La Sicilia 8 maggio 2005

Avvicinare il consumatore al produttore

«Siamo ad una grande svolta che definirei epocale». Per il prof. Giuseppe Licitra, presidente della CoRFiLaC, il Consorzio Ricerca Filiera Lattiero casearia di Ragusa, l’attuazione del Regolamento n. 178/2002 segna un momento storico perché -spiega- «fissa i principi di un nuovo rapporto tra produttore e consumatore, più diretto e consapevole». «Come Consorzio -aggiunge -stiamo costituendo un sito web dove sarà possibile risalire, attraverso il numero del codice di rintracciabilità riportato sulla confezione del formaggio Dop acquistato in negozio o al supermercato, all’azienda che lo ha prodotto.

Questo è solo il primo passo perché il consumatore, attraverso il sito, non solo conoscerà dove e come è stato prodotto il formaggio Dop che sta gustando, ma potrà instaurare un dialogo diretto con il produttore e magari successivamente conoscerlo personalmente.

La tracciabilità, in questo caso, assume quasi la caratteristiche della vendita diretta. Come accadeva una volta e non solo per il formaggio». Guardato in Sicilia con diffidenza perché ritenuto un’altra fonte di nuovi «lacci e lacciuoli» dai produttori agro-almentari, l’attuazione del Regolamento -secondo il prof. Licitra -«è invece una grande opportunità per l’Isola.

Grazie al codice di rintracciabilità sarà infatti possibile avvicinare il consumatore, anche se vive a New York, al produttore di “Tuma persa” a Castronovo di Sicilia o di “Ragusano“. Un’eventualità impossibile con la grande industria. Per questa ragione preferisco parlare di “tracciabilità culturale”, perche avviene, appunto, uno scambio tra due persone: il consumatore che chiede e si informa con il Produttore che gli risponde.

Ma in ogni caso il Regolamento dà visibilità al piccolo produttore e fiducia al consumatore». Per il prof. Licitra -promotore di iniziative similari per la diffusione e la promozione di un’alimentazione consapevole come «Cheese Art» nonché di guide come «Le città dei formaggi» -l’attuazione del Regolamento «rappresenta una grande occasione e non una penalizzazione. Rintracciabilità e riconoscibilità sono gli assi nella manica per portare al successo i percorsi turistico -eno-gastronomici della Sicilia che vedono protagoniste le città e le strade del formaggio».

Tuttavia -riconosce -«ci sono ancora delle resistenze psicologiche. Il CorFiLaC da questa stagione organizzerà un incontro con i produttori la prossima primavera per presentare varie iniziative, compreso il sito web, studiate per superarle». Per il prof. Giacomo Dugo, incaricato di Vino e salute all’Università di Palermo, ordinario di Analisi Chimica dei Prodotti alimentari alla Facoltà di Scienze dell’Università di Messina, «la tracciabilità richiesta ai produttori dal Regolamento n. 178 è la garanzia minima per il consumatore.

Non è -afferma -la soluzione di tutti i problemi. E forse non è un caso che gli estensori della normativa citano la lealtà, «L’etica -aggiunge il prof. Dugo -nel settore dell’alimentazione è strettamente collegata alla salute. Le sofisticazioni, in parole povere, riguardano il valore qualitativo e commerciale degli alimenti che è più basso. Faccio un esempio. Vendo mandorle. Al compratore dico che sono di Avola, ma in realtà le ho comprate in Turchia. Sono un bravo venditore che specula sulla differenza dei prezzi della merce ? No, sono solo un imbroglione.

La tracciabilità serve, dunque, come garanzia minima del consumatore se, dall’altra parte del banco, non c’è un venditore onesto e leale. In ogni caso, il Regolamento fissa nuovi rapporti tra consumatori e produttori. Questi ultimi, se sono coscienziosi, sono garantiti dalla tracciabilità che permette di risalire ai loro sistemi di produzione di qualità e li fa conoscere». È il caso di Salvatore Passalacqua, titolare di un’azienda zootecnica-casearia di Castronovo di Sicilia. È lui che, seguendo un ideale di qualità e tradizione, ha riscoperto la “Tuma Persa”, un formaggio che si produceva all’interno dell’Isola fino alla metà de11’800.

Un sognatore per molti, «ma io -spiega -ho giocato tutte le mie carte sulla qualità e rintracciabilità e i buongustai di mezzo mondo mi hanno premiato».

GIORGIO PETTA, SABINA LICCI

La Sicilia 9 Gennaio 2005

Tracciabilità carta vincente per la Sicilia

Il Corfilac, il consorzio di ricerca filiera casearia, sara’ ancora una volta l’ente certificatore del formaggio Ragusano Dop. E’ quanto stabilito dal Ministero che ha decretato una proroga di 120 giorni, cioe’ fino a maggio.
“Abbiamo ottenuto la nuova proroga -commenta il presidente del Corfilac, Giuseppe Licitra pur ringraziando il Ministero per I’ulteriore riconoscimento, sarebbe forse opportuno procedere ad una programmazione che possa portare al rinnovo triennale, come avviene di solito, anche perché ci permetterebbe di avviare dei miglioramenti ai nostri sistemi di controllo.

Corfilac Ente Certificatore del Ragusano Dop

Ci auguriamo, e in questo siamo confortati anche dal presidente della Regione, di avere la riconferma per un triennio. Si offrirebbe serenità sia allo staff del Consorzio che ai produttori che invece vivono nell’incertezza. Con la nuova’ proroga arriviamo fino a maggio per poi andare alla campagna di certificazione.

Intanto i produttori possono stare tranquilli perché per questa campagna produttiva potranno continuare a farlo con la possibilità di certificare da parte del Corfilac. I tecnici dicono che arriviamo a marcare, per la produzione del 2004, ben 10 mila forme. siamo partiti dalle 700 del 2001 fino a questo incremento con il conseguente aumento del prezzo sul mercato, a tutto beneficio dei produttori, ecco perché auspichiamo l’incremento della produzione dando un valore aggiunto alla comunità.
Il prodotto Dop ha caratteristiche di grande qualità e si appresta ad essere una produzione non più di nicchia ma, piuttosto, dal grande impatto sul territorio”, Il Ministero continua a mostrare un’apertura verso i sistemi non tradizionali, “Credo che chi debba fare una scelta assoluta e’ il territorio, cioè il consorzio di tutela e i suoi soci -conclude Licitra -A mio avviso un formaggio Dop deve per forza avere un consorzio di tutela, sia per la promozione che per il controllo anche rispetto alle frodi”.

MICHELE BARBACALLO

La Sicilia 9 Gennaio 2005

Ragusano DOP, il consorzio ottiene un’altra proroga

RAGUSA. Impossibile fare la sintesi di un territorio «rurale» come quello ragusano. Un’area che ha per vertice il Monte Lauro e alla base il tratto costiero compreso tra la foce del fiume Acate e l’antico pantano Longarini che segna il confine con la provincia «cugina» di Siracusa. Siamo in una zona dall’orografia fortemente diversificata che copre una superficie di 1,523 kmq che ne fa la più piccola provincia di Sicilia, la cui metà del territorio è adibito a coltivazioni erbacee avvicendate, mentre la restante alle coltivazioni erbacee da foraggio e legnose.

Per il viaggiatore che arriva a Ragusa, 10 scenario è tra i più belli: imponenti masserie di campagna, messe su da contadini intelligenti che seppero trasformare la limitazione di terreni pietrosi in un vantaggio caratterizzando uno stile unico al mondo.

La rossa terra ragusana che fa da cornice, sovrabbondava di pietre che impedivano lo sfruttamento per fini agricoli o per l’allevamento. L’uomo imparò a lavorarla per costruire i confini della sua proprietà, per tirare su i famosi muretti a secco e liberò il terreno per arrivare a ciò che oggi caratterizza i mercati agricoli di mezza Europa: le produzioni orticole e le primizie.

Ragusa. La sua campagna è muretti a secco e alberi di carrubo: come nel simbolismo tipico della poesia «biologica» di Bonaviri: un albero semplice, modestissimo, silenzioso e sempreverde, che genera frutti maturi e unici.

La coltura del carrubo che spesso costituisce la principale fonte di reddito, e che appunto in questa provincia così come in quella limitrofa di Siracusa, produce una farina che viene usata in molte preparazioni dietetiche anche come sostituto del cioccolato o per delle buonissime caramelle, salutari in alcune prime infiammazioni alle vie respiratorie.

Negli altipiani ragusani, ai carrubi succedono i pascoli e la coltivazione del grano di cui è ricca la zona interna. Nella pianura prosperano la vite, gli agrumi e le primizie coltivate in serre che costituiscono un ottimo motore di sviluppo e che vedono un grande processo di immigrazione di cittadini extracomunitari che in queste zone hanno costituito delle vere e proprie colonie.

La campagna ragusana e i muretti a secco, chissà perchè, hanno favorito l’allevamento, specie quello bovino. Prospera nella zona collinosa la razza modicana (animali di gran pregio e dalla grande produzione di latte) che ha fatto la fortuna di tanti allevatori che si dedicano a tempo pieno alla produzione del caciocavallo ragusano, lavorato sempre con le stesse antiche tecniche ma studiato e protetto da «bene culturale» quale è.

Ragusa è l’unico posto al mondo dove il latticino è sublimato fino a farne un’opera d’arte. Solo qui poteva nascere «Cheese Art», arrivata alla sua IV edizione, nella splendida cornice del Castello di Donnafugata, ha un sottotitolo che la dice tutto «rigorosamente da crudo a crudo, per l’esaltazione dei gusti e della biodiversità». Una coraggiosa celebrazione biennale al formaggio, voluta dal Consorzio di Ricerca della Filiera Lattiero Casearia, all’uomo e alle sue tradizioni.

FRANCESCA MERAVIGLIA

La Sicilia 13 Gennaio 2005

Alle imprese ora piace il Pecorino Siciliano DOP

C’è pecorino e pecorino. Se è salato, troppo salato, lasciate perdere, state mangiando un formaggio mediocre. Se invece in bocca è soprattutto dolce e pastoso, allora siete davanti ad una buona forma che vale la pena mangiare. Come riconoscere il pecorino più buono? Il palato certamente aiuta soprattutto se i consumatori hanno , conosciuto la versione migliore di questo formaggio.
Oppure l’altra strada è quella del marchio Dop che è sempre una garanzia. Eh sì, perche questo formaggio, sicuramente il più comune della nostra regione, è, assieme al Ragusano, l’unico formaggio che si avvale del marchio Dop, la Denominazione di origine protetta, un riconoscimento che è arrivato dall’Unione europea nel 2001 e che fissa regole precise, tutte a vantaggio del risultato finale e quindi della bontà.
Il pecorino, ottenuto da latte ovino intero, è pressoche prodotto un po’ dovunque e il disciplinare non impone limitazioni territoriali. Tuttavia sono ancora pochi i casari che hanno deciso di rispettarè le norme dettate dall’Ue e affidare l’ esame delle forme all’ente certificatore, il Corfilac, il Consorzio di ricerca per la filiera lattiero-casearia di Ragusa che esamina i formaggi da poter marchiare con la sigla «Dop». Il presidente del Corfilac, Giuseppe Licitra, sottolinea che qualcosa si muove e che a leggere i dati la tendenza è quella di produrre pecorini di qualità. «Basta dare un’occhiata alle cifre -dice – perchè si è passati dalle appena 62 forme di Pecorino Dop prodotte ne1 2001 alle 1.550 che stimiamo alla fine saranno marchiate complessivamente entro i prossimi mesi, frutto della produzione dello scorso anno. Su questo formaggio -aggiunge Licitra -c’è ormai un interesse forte. Purtroppo tra la Sicilia occidentale e quella orientale ci sono diverse tecniche di produzione che creano difficoltà nella riconoscibilità del pecorino da parte del consumatore.
Il disciplinare dovrebbe evidenziare queste differenze. C’è chi lo fa largo e basso, come in provincia di Ragusa e magari aggiunge il pepe nero non previsto dal disciplinare e chi lo produce più alto e cilindrico. Tutte differenze che andrebbero riconosciute dalla legge». Il pecorino siciliano, almeno quello col marchio Dop, recita il disciplinare, lo si trova in forme cilindriche dal peso variabile tra i quattro e i 12 chili. L’altezza varia tra i 10 e i 18 centimetri, e ha una crosta bianco giallognola con la superfice rugosa a causa del canestro nel quale è stata formata.
E poi c’ è la storia dalla parte del pecorino siciliano. Per uno studioso di marketing alimentare come il docente universitario di parma Fausto Cantarelli, il nostro pecorino è il formaggio più antico d’Europa. «D’ altra parte -ha sempre sostenuto Cantarelli -il Polifemo dell’Odissea non era un casaro?».

FABRIZiO CARRERA

Giornale di Sicilia 6 Febbraio 2005

MAIORCHINO IN TRASFERTA A ROMA

NOVARA DI SICILIA- Il formaggio “maiorchino” esce dall’isolamento locale e salpa alla volta del mercato nazionale; in questi giorni è stato presentato ufficialmente in un’esposizione gastronomica a Roma, a villa Borghese. Il tipico prodotto novarese, dopo l’affermazione e i numerosi consensi ricevuti in Sicilia, si propone anche in un ambito extra regionale.

Lo stand, allestiso da alcuni produttori di Novara e Fondachelli Fantina, ha offerto una degustazione gratuita del formaggio stagionato associato con altri prodotti nostrani: noci, miele, frutta.
Da tempo il “maiorchino” si è fregiato di un prestigioso riconoscimento conferitogli da esperti gastronomici che ne hanno elogiato le proprietà organolettiche e genetiche. L’associazione siciliana “Slow food”, inoltre, lo ha inserito in un percorso gastronomico soprannominato “l’itinerario del gusto” in cui rientrano moltissime peculiarità gastronomiche isolane che mirano a vetrina nazionale che conferisca loro una visibilità di mercato da sottoporre a tutte le fasce di consumatori.
Nello stand è stato distribuito materiale informativo sul gioco legato a questo formaggio, una tradizione del periodo di carnevale, presente solo a Novara.
Pur tuttavia oggi reperire del buon formaggio “maiorchino” in paese non è semplice, a causa della lunga preparazione che esso richiede e per i limitati canali di distribuzione in un mercato di più ampio respiro; comunque, ormai da tempo la maggior parte dei produttori locali sta provando una nuova linea comune in vista di una “fabbricazione” di massa del formaggio e per una più capillare distribuzione in ambito nazionale e internazionale. A breve ci si aspetta una garanzia di qualità con il conferimento di un marchio (doc, dop, igp) con cui presentare il prodotto sul mercato nazionale. (g.s.)

Gazzetta del Sud
domenica 29 maggio 2005